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Sto pensando di finirla qui
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Titolo originale Sto pensando di finirla qui
Paese Stati Uniti d’America
Anno 2020
Durata134 min
Genere thriller,drammatico,grottesco
Lingua originale inglese
Rapporto 1,37:1
Regia Charlie Kaufman
Soggettodal romanzo di Iain Reid
SceneggiaturaCharlie Kaufman
ProduttoreAnthony Bregman, Charlie Kaufman, Robert Salerno, Stefanie Azpiazu
Produttore esecutivoGregory Zuk, Peter Cron
Casa di produzioneLikely Story, Projective Testing Service
DistribuzioneNetflix
FotografiaŁukasz Żal
MusicaJay Wadley

“Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.”
~ DANIEL GOLEMAN

Piccola premessa

Se credete che questo sia un film horror o un film da guardare senza impegno, allora guardate altro. Sto pensando di finirla qui non è solamente molto impegnativo, ma un viaggio onirico dal ritmo per gran parte lento.

Inoltre per commentarlo dovrò fare alcuni spoiler (che nasconderò con il solito bottone 😉), in ogni caso vi consiglio di guardare il film e magari tornare su questa recensione per leggere le mie considerazioni e magari discutendone insieme commentando in basso.

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“Mi sembra di conoscere Jake da più tempo di quanto in realtà non sia …”

Sto pensando di finirla qui, è un film del 2020 scritto e diretto da Charlie Kaufman. Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Iain Reid distribuito da Netflix.

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Il romanzo di Iain Reid [Fonte:Web]

Una veloce introduzione

Il film è incentrato sui pensieri dubbiosi di una donna (Jessie Buckley) – la quale sembra essere conosciuta con nomi diversi – la quale riflette sulla voglia di mettere fine alla storia con il fidanzato Jake (Jesse Plemons) nonostante duri da poco più di un mese. La giovane donna non sa che ogni suo dubbio sarà alimentato dalla conoscenza dei suoceri, che seppur gentili faranno assumere alla vicenda contorni spiacevoli e al quanto strani. Nel frattempo in una scuola di un posto sconosciuto, un vecchio bidello vive tra le pulizie e una vita solitaria.

Un film di depistaggi …

Lo spettatore può sin da subito avvertire la tensione tangibile tra i due ragazzi, che durante il viaggio verso la fattoria dei genitori di lui, si inoltrano in discorsi intellettuali e momenti di silenzi e imbarazzi che danno spazio ai pensieri della protagonista. Quando arrivano alla fattoria, Kaufman gioca con le sensazioni dello spettatore mostrando un posto buio,solitario e unfriendly; la bufera di neve non cessa e le stalle sono sporche e poco curate. Ad accoglierli in casa ci sono Suzie (Toni Collette) e Dean(David Thewlis) ovvero i genitori di Jake e il cane che sin da subito hanno comportamenti ambigui.

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Suzie e Dean nella scena della cena
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“ Non devo andare dove ? ”

Una trama apparentemente insensata

“Sto pensando di finirla qui” è un film che più di altri divide il pubblico in due macro-fazioni : SODDISFATTI e INSODDISFATTI.

Aldilà del gusto personale e dei dati oggettivi, è un prodotto che è difficile da digerire e forse anche difficile da riguardare.

Il regista mette davvero in funziona un meccanismo psicologico che scatta inevitabilmente in ogni spettatore che più guarda e più resta disorientato dagli avvenimenti che non hanno senso , risultato confusionali e grotteschi. Il film girato in 4:3 amplifica i pensieri claustrofobici della protagonista che non riesce a mettere fine a qualcosa che non la fa stare bene.

Nella parte centrale della storia i toni,i dialoghi e le scene sono alti e deliranti dando l’impressione che tutto sia folle e che ogni attore abbia perso il senno d’improvviso e sia sfuggito alla scrittura della sceneggiatura.

Ma è in tutto questo che sta il genio … (vedi il prossimo spoiler se vuoi capire il perché)

“Gli uomini non sono prigionieri dei loro destini, ma sono solo prigionieri delle loro menti.”

~ FRANKLIN DELANO ROOSEVELT

La sceneggiatura si salva grazie all’uso del paradosso del tempo e della mente riuscendo a districare tutti gli avvenimenti e dando un senso al finale.

La fotografia è eccellente. Tutto rende l’idea , ogni oggetto è illuminato nel modo giusto, le ambientazioni suggestionano lo spettatore per prepararlo a ciò che sta per vedere, per non parlare dei colori che si mescolano nelle scene della cena che fanno anche da copertina al film.

La colonna sonora e i costumi hanno vita facile in un film cervellotico che non è molto esigente in tal senso.

Commento finale

Per chi non ha visto il film e ama le trame impegnative e i thriller psicologici deve assolutamente guardare l’opera di Kaufman.

Sto pensando di finirla qui è un viaggio onirico , che però tiene poco conto dello spettatore, anzi gioca con la sua pazienza e la sua testa rendendo il film in alcuni tratti qualcosa di snervante e da stoppare.

Tuttavia chi riesce a vederlo fino in fondo può apprezzare un film in perfetto stile David Lynch.

IL NOSTRO VOTO 2 1 - Sto pensando di finirla qui 13
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La Belva
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Titolo originale La Belva
Paese Italia
Anno 2020
Durata97 min
Genere azione,drammatico,thriller
Lingua originale italiano
Ideatore e Regia Ludovico Di Martino
SoggettoClaudia De Angelis, Ludovico Di Martino, Andrea Paris, Nicola Ravera Rafele

Tutti i soldati quando tornano a casa sono vecchi, uomini ripiegati su se stessi che non parlano mai delle battaglie combattute.

(Paul Auster)

La Belva

Una vita lontano dalla famiglia

La belva è un film azione,drammatico/thriller del 2020 diretto da Ludovico Di Martino e distribuito globalmente su Netflix il 27 novembre 2020 con Fabrizio Giufini nei panni del protagonista Leo,Lino Musella(Gomorra,The Young Pope) in quelli dell’ispettore di polizia Antonio Simonetti e Andrea Pennacchi in quelli del cattivo Mozart . La pellicola narra le vicende di Leonida Riva(Fabrizio Giufini), un reduce di guerra cupo e solitario, con un passato da Primo Capitano nelle Forze Speciali dell’Esercito. La vita ormai spenta e segnata dalla guerra lo tengono lontano dalla famiglia che dopo il suo ritorno a casa hanno difficoltà ad instaurare un rapporto ormai perso. Quando la figlia Teresa(Giada Gagliardi) viene rapita, Leonida ritrova la rabbia e la ferocia di un tempo per salvare la sua bambina.

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Fabrizio Gifuni in una scena del film

Il rapporto tra Leonida e la violenza

Lo spettatore sin da subito avverte la sensazione di disagio che prova il protagonista nel rapportarsi con il mondo , come se fosse rimasto intrappolato nei ricordi della guerra che non gli permettono di andare avanti e di spogliarsi dell’armatura che negli anni ha dovuto utilizzare per sopravvivere in battaglia. Infatti Leo sembra quasi felice di poter tornare all’azione per salvare la figlia , perché probabilmente la violenza è l’unica via che conosce per comunicare , per dire al mondo che esiste. La violenza è la dimensione ideale per lui, il posto in cui si sente se stesso , un posto dove può lasciarsi andare senza inibire i suoi istinti lontani dal padre di famiglia che la moglie e il primogenito vorrebbero.

Ma cosa vuole raccontarci “La Belva” ?

Il regista romano ha provato a regalare al cinema italiano il suo action movie , la risposta a The Transporter,Taken e tutti i film d’azione che (gli USA su tutti) ci hanno abituato a guardare. Di Martino prova a lasciare la sua impronta nella pellicola cercando di costruire una trama che basa la storia su un uomo che è “dipendente” dalla violenza. La violenza come la droga, o come la medicina di cui Leo è dipendente (le benzodiazepine) che gli servono per tirare avanti in una società a cui non sente di appartenere e da cui si sente abbandonato. Per la costruzione di un film “che funziona” viene inserito il tema della guerra e degli strascichi che i soldati si portano per tutta la vita per rendere il tutto tridimensionale con il personaggio di Leo che sembra uscire fuori dallo schermo con tutta la sua forza.

“ Il vero soldato mente a sé stesso quando dice di odiare la guerra. Egli ama in modo profondo la guerra. E non perché sia un uomo particolarmente malvagio, assetato di sangue, ma perché ama la vitalità che (per quanto paradossale possa sembrare) la guerra porta dentro di sé. ”

(Oriana Fallaci)

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La sceneggiatura

Nonostante tutto però Di Martino non punta altissimo “accontentandosi” di una trama lineare e ampiamente prevedibile con la solita struttura di introduzione dei personaggi,sviluppo degli avvenimenti e conclusione da “tutti felici e contenti”.

Va fatto un plauso alle sequenze degli inseguimenti e dei combattimenti che sono state costruite in maniera realistica e con il giusto tocco di adrenalina risultando di spessore e non più “piatte” come spesso accadeva in altri prodotti italiani. Non ci sono intrecci, non ci sono colpi di scena, i personaggi secondari hanno pochissimo spazio e Mozart è a malapena introdotto rendendo quest’opera un’occasione mancata.

Durante l’intero lungometraggio il protagonista dice pochissime battute lasciando spazio all’espressività dei suoi occhi arrabbiati e del suo volto animalesco. Leo infatti è il cuore pulsante del film , senza lui non esisterebbe, i personaggi secondari mai come in questa pellicola sono di contorno ma non per loro demeriti(Ottima ad esempio è l’interpretazione di Lino Musella). I dialoghi in “La Belva” non sono moltissimi per dare spazio all’azione e per risaltare la violenza come unico metodo di comunicazione del protagonista che ci regala una buona performance.

Commento finale

La Belva nonostante non poche difficoltà riesce a dare al pubblico italiano un personaggio cazzuto per cui esaltarsi , ma che non riesce ancora a scalfire una concorrenza troppo forte che negli anni ha sfornato numerose pellicole del genere.

IL NOSTRO VOTO 1 - La Belva 18
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Death Note : Recensione della pietra miliare dell’animazione

“Il mondo fa schifo, e se la feccia crepasse sarebbe meglio per tutti. E io… con questo quaderno posso far sì che ciò avvenga. Il problema è…la mia mente reggerà?”

~ Light Yagami

Nell’ Ottobre del 2006 veniva trasmesso in anteprima mondiale in Giappone🇯🇵 l’anime di Death Note. L’adattamento del manga di Tsugumi Oba e Takeshi Obata si puo’ considerare senza dubbi una delle pietre miliari dell’animazione giapponese e uno degli anime più famosi di sempre. Dall’opera originale sono stati tratti numerosi film,serie,videogiochi e ogni tipo di gadget.

Ma cosa rende, Death Note così unico da essere ancora osannato dal pubblico?

Death Note
Ryuk e Light Yagami

Trama

Light Yagami è uno studente modello, annoiato e stufo di vivere in una società pervasa da crimini e corruzione. La sua vita cambia notevolmente quando un giorno trova un misterioso quaderno nero, intitolato “Death Note“.

Death Note regole

“L’umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà.”

Inizialmente scettico, Light prova il quaderno scrivendo i nomi di due criminali, rimanendone stupito dall’autenticità dei poteri. Successivamente il vero proprietario del Death Note, un dio della morte di nome Ryuk si mostra al ragazzo, il quale lo avverte delle conseguenze derivanti dall’utilizzo del quaderno. Decide quindi di usarlo per estirpare il male e diventare il “Dio del nuovo mondo“. Tuttavia, il notevole aumento di casi di criminali deceduti in maniera inspiegabile, attira l’attenzione dell’Interpol che chiede aiuto ad un singolare,giovane e abilissimo detective privato conosciuto come Elle.

Death Note - L
Elle

Un capolavoro senza tempo, facciamo un po’ di analisi

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Uno dei punti di forza del manga è la contemporaneità dell’opera giapponese ,che nonostante gli anni resta attuale grazie ai temi quali la violenza, la morale e il concetto di giustizia.

Infatti Light critica lo stato, il quale secondo il ragazzo è incapace di mettere fine a questo mondo fatto di violenza e criminalità.

Ascolta Ryuk: io costruirò un mondo ideale totalmente privo di criminali […]

Light Yagami

Ma è corretto “farsi giustizia” ?

Ovviamente farsi giustizia è sbagliato ed anche punibile, eppure come spesso accade guardando un film, noi siamo dalla parte del protagonista. Perché? Beh perché siamo consapevoli che spesso la giustizia è lenta,vincolata da una serie di regolamentazioni e procedure che impiegano troppo tempo per arrivare ad una giusta (spesso non soddisfacente) pena.

Inoltre le leggi secondo alcuni filosofi non seguono il principio di giustizia , perché esse sono pur sempre ideate dall’uomo e quindi fallibili. Ma che s’intende per principio di giustizia?

Il filosofo Kant diceva :

“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente… Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.”

Immanuel Kant

Il principio di giustizia è la percezione del giusto regolamentato dalla legge morale che vive in noi. Secondo alcuni studi, un bambino di soli 10 mesi riconosce come gesto positivo un personaggio che viene raffigurato intento ad aiutarne un altro.

Allora perché Light nonostante possa riconoscere che è giusto lasciar combattere il crimine alla legge, cede alla tentazione di ricorrere al death note?

Questo è la domanda che personalmente mi sono posto continuamente durante la visione e a cui ho provato a rispondere:

Light Yagami è un ragazzo che ha una vita perfetta.

  • Ha una famiglia che lo stima e lo ama
  • È uno studente modello, nonché ragazzo dall’aspetto fisico invidiabile
  • Può riconoscere nel padre un modello perfetto da seguire nonché persona da stimare in quanto rispettatissimo ufficiale di polizia

Essendo un ragazzo molto sicuro dei mezzi e dalla infinita voglia di mostrare la sua superiorità decide di usare il quaderno per mostrare a tutti come creare un mondo migliore.

La sua decisione ha però uno scopo molto più profondo e infimo, e lo rivela lui stesso nell’episodio 4, “Inseguimento“:

Ascolta Ryuk: io costruirò un mondo ideale totalmente privo di criminali … dopo di che intendo dominarlo a lungo come un dio.

Light Yagami
La mia conclusione è che Light come tanti altri uomini cede alla sete di potere diventando così carnefice e non tanto diverso dalle sue vittime.

I numerosi riferimenti cristiani

  • La croce : Presente nel logo e nelle copertine dei volumi del manga
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  • La mela : Frutto del peccato per eccellenza, nel manga è il frutto preferito da Ryuk che in quanto dio del morte allunga la propria esistenza sommando gli anni che restavano da vivere alle vittime del quaderno. Inoltre Light che appare con la mela in mano sia nella sigla che nelle scene in cui ciba lo shinigami, rappresenta metaforicamente Adamo che secondo la famosa storia voleva elevarsi al livello di Dio fino a credere di averne la stessa consapevolezza di bene e male per poi finire rovinosamente. (Questa teoria però fu smentita dall’autore del manga)
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  • La scena in cui Elle asciuga i piedi a Light, poco prima di essere ucciso,sembra essere un chiaro riferimento alla lavanda dei piedi di Gesù agli apostoli, in particolare a Giuda in qualità di traditore, il giorno prima della morte.
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Perché Death Note è perfetto

Ciò che ha reso perfetto Death Note è la sua semplicità nel raccontare una storia che racchiude concetti complessi, oltre a descrivere e rappresentare con estrema precisione ogni dettaglio e sfumatura dei personaggi. Oltre al carismatico protagonista e il suo shinigami infatti, anche gli altri personaggi sono ben raccontati come ad esempio il particolarissimo Elle, Watari, Soichiro Yagami uomo all’antica e dal forte senso morale, Naomi Misora e la bellissima Misa (che ricorda molto per ingenuità e caratteristiche fisiche l’amatissima super criminale Harley Quinn🖤❤️).

Perché è amatissimo in Italia

In Italia tra l’altro è particolarmente amato grazie ad un doppiaggio di ottima fattura della serie animata (di 37 episodi) trasmessa per la prima volta su MTv nel 2008 e ora disponibile sulla piattaforma Netflix.

Nel cast italiano infatti possiamo ritrovare Flavio Aquilone (Light Yagami) e Alessandro Rossi (Ryuk) che vantano un curriculum notevole grazie ad aver prestato la loro voce ad attori famosi nel mondo quali Tom Felton (Harry Potter su tutti),Zac Efron(ricorderemo High School Musical),Ezra Miller(Royal Plains,Suicide Squad) e tanti altri (per Flavio Aquilone), e Liam Neeson(Taken ad esempio), Arnold Schwarzenegger (Tra cui ‘Atto di Forza’), Samuel L. Jackson , il carismatico personaggio di Batou (Ghost in the Shell) e tantissimi altri (per Alessandro Rossi).

Conclusioni

Che dire, Death Note è un prodotto che va visto indipendentemente dal gusto personale. Una storia che abbraccia concetti sempre attuali,che invita a riflettere e che trascina lo spettatore in un vortice di pensieri ed emozioni contrastanti che spingono al limite anche l’integrità delle persone più insospettabili.

Tutt’oggi aspettiamo ancora una serie animata degna del suo livello.

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La differenze tra me e te sta semplicemente negli occhi

~Ryuk
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Kadaver
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Titolo originale Kadaver
Paese Norvegia
Anno 2020
Genere drammatico,thriller,orrore
Durata86 min
Lingua originale norvegese
Rapporto 16 : 9
Ideatore e Regia Jarand Herdal

Che cosa ci rende umani? ~ Matthias

Kadaver è un film horror del 2020 🇳🇴 diretto da Jarand Herdal e distribuito il 23 ottobre su Netflix.

Kadaver - cena
” Una cosa è certa : Solo sopravvivere non ci basta. “

Le premesse sono da film horror dell’anno, le atmosfere e i colori sono cupi,che disegnano una Norvegia incenerita da una guerra nucleare. Il cibo scarseggia e l’unica via di salvezza è mettere fine alla propria vita, tranne per una piccola famiglia che nonostante tutto, lotta con la speranza di un futuro migliore. Leonor e Jacob vivono nella povertà con la figlioletta Alice con in mano i loro sogni distrutti come quello di Lenor attrice famosa per la sua interpretazione nella tragedia Macbeth .

Kadaver
“Alice, ti piacciono le avventure ? Anche a me , ti mostro il mio paese delle meraviglie ?”

Lo spiraglio pare arrivare quando un facoltoso uomo ( Matthias) proprietario di un grande hotel offre una cena spettacolo che promette gran teatro e tanto cibo. Da qui il viaggio nel grande mondo di Kadaver.

Kadaver
” Tutto è parte dello spettacolo. “

Per assistere allo spettacolo tutti gli spettatori dovranno indossare una maschera perchè – la maschera è il confine tra finzione e realtà – mentre “le facce” sono quelle degli attori.

Questo è uno spunto interessante che Kadaver regala a noi spettatori. Quante volte abbiamo parlato del confine tra finto e reale ? Cosa è reale nella nostra vita ? Chi ci rende vivi, veri e dove si nasconde la menzogna ? La metafora dei volti è l’elemento principale della storia del film di Jarand Herdal che permette ai protagonisti di poter comprendere cosa è vero e cosa no e di chi si possono fidare ( almeno così sembrerebbe ) .

Kadaver nella poesia e filosofia

La parola “maschera” è una parola antica della quale non si ha un’origine certa. Una delle ipotesi risalente all’epoca preindoeuropea vuole che la parola indicava «fuliggine, fantasma nero», mentre nei teatri in origine era usata per caratterizzare i personaggi e per amplificare la voce. In psicologia la maschera assume un concetto più astratto che è quello di nascondere e/o assumere comportamenti in diverse situazioni di vita.

C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando resti da solo, non rimane più niente.

– Luigi Pirandello

Pirandello è forse lo scrittore che ha meglio illustrato nei suoi diversi significati la parola maschera .

La maschera per il poeta non è altro che un simbolo di alienazione, origine della privazione o menomazione della personalità e della frammentazione dell’io in identità molteplici, e una forma di adattamento agli eventi che caratterizzano la vita dell’uomo.

Nell’opera “Uno, nessuno e centomila” Pirandello racconta la vita di Vitangelo Moscarda e del suo processo di frammentazione dell’io.

Il titolo del romanzo è la chiave di lettura della storia di Vitangelo e della sua consapevolezza che prende forma nella sua vita. L’uomo non è Uno,la realtà non è oggettiva. Vitangelo al principio crede di essere unico (Uno) rendendosi conto poi che egli è un nulla (Nessuno), fino a comprendere l’esistenza dei diversi sé stesso che nel corso del tempo sono nati dal suo rapporto con gli altri (Centomila). Non esiste più realtà oggettiva , solo relatività.

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” Benvenuta mia cara , al mio spettacolo “

Kadaver è una affascinante e intrigante premessa , che rende la pellicola un horror originale e unico nel suo genere.

Commento finale

Kadaver non presenta una colonna sonora vera e propria, ma vanta una buona fotografia con giochi di luci ed ombre che caratterizzano alla perfezione le ambientazioni. Nonostante le ottime premesse , il film punta altissimo per poi precipitare in una inspiegabile fretta di voler svelare i suoi segreti allo spettatore e come diceva Erodoto

“La fretta genera l’errore in ogni cosa.”

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Lupin the IIIrd – La lapide di Jigen Daisuke
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Titolo originale Lupin the IIIrd – La lapide di Jigen Daisuke
Paese Giappone
Anno 2014
Durata51 min
Genere animazioneazionepoliziesco
Lingua originale giapponese
Rapporto 1,78:1
Regia Takeshi_Koike
SceneggiaturaYūya Takahashi
ProduttoreYū Kiyozono
Casa di produzioneTMS Entertainment
MusicheJay Wadley
Character designTakeshi Koike
AnimatoriTakeshi Koike

Un’attesa lunga sei anni :”Ah Lupin quanto ci hai fatto aspettare”…

LUPIN THE IIIRD – La lapide di Jigen Daisuke è un film d’animazione di genere azione/poliziesco diretto da Takeshi Koike, con la sceneggiatura di Yūya Takahashi e musiche di Jay Wadley con protagonisti Lupin e gli altri personaggi creati da Monkey Punch.

Lupin The IIIRD_Yael
Il sicario Yael Okuzaki in una scena del film

Abbiamo dovuto attendere sei anni per vedere in italia i film d’animazione (saranno pubblicate le recensioni nei prossimi giorni) che hanno visto un notevole restyling del mitico ladro gentiluomo e compagni.

“ Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto. ”

CLINT EASTWOOD – Joe lo straniero

Lupin The IIIRD_Jigen
Jigen Daisuke in una scena del film

Una trama scorrevole …

La trama risulta scorrevole e rispetta la solita struttura delle avventure del ladro gentiluomo e pare svolgersi temporalmente prima delle serie animate.

Il film inizia con la solita pianificazione di un grosso colpo, il quale consiste nel furto di una “Piccola Cometa” custodita nelle fittizia nazione della Dorea dell’Est.

A complicare le cose è Yael, un sicario e abilissimo cecchino dalla mira infallibile che ha la fama di costruire le lapide delle proprie vittime ancor prima di averle eliminate. Come sempre non manca Fujiko che nel tentativo fallito di un colpo resta prigioniera nel club che anche rifugio del killer.

Lupin The IIIRD_Fujiko

Senza giri di parole l’intreccio funziona: il colpo , il killer che insegue Jigen e Lupin che cerca di salvare il suo amico e la donna di cui è innamorato. Particolare è la scelta di estromettere completamente i soliti siparietti tra Lupin e ZaZà ,di non inserire nella storia Goemon (forse perché non ancora fedele amico dei due ladri) e di relegare un ruolo marginale alla bella Fujiko – che per la gioia dei fan è messa a nudo dai suoi rapitori – per concentrare la storia sullo scontro Yael-Jigen.

Minutaggio ridotto per un vero e proprio film: Scelta voluta ?

Lupin the Third – La lapide di Jigen Daisuke può definirsi in via più generale un lungometraggio anziché un vero e proprio film data la sua durata di 51 minuti.

Ma questa è una scelta voluta ? Secondo me si : Il regista ha voluto dare la sensazione di assistere ad un lungo episodio diviso i 2 parti . La trama come già accennato è abbastanza scorrevole e non particolarmente impegnativa. Nonostante i personaggi sono ben caratterizzati, non sono approfonditi da sequenze introspettive lasciando stati d’animo e sentimenti per concentrare l’intero racconto sull’azione.

Yale e Jigen - Lupin The IIIRD
Yale e Jigen in una bellissima sequenza di standoff

Koike riesce comunque a rendere la pellicola una produzione animata dai toni più maturi dando anche un seguito alla serie animata del 2012 (La donna chiamata Fujiko Mine) peccando soltanto nel non regalarci un degno background dei personaggi (in particolar modo del villain) .

Un comparto tecnico magistrale per questo nuovo Lupin …

La casa di produzione riesce a mettere in piedi un film d’animazione di eccellente fattura.

La regia pone una struttura che funziona , il design dei personaggi dà un tocco di freschezza all’anime riuscendo a modernizzare il look dei protagonisti mantenendo le caratteristiche che hanno contraddistinto da sempre quest’ultimi con disegni degni di una produzione di altissimo e primissimo livello.

Lupin a sto giro guida un Alfa Romeo 2000 GTV da urlo ,alfa_Lupin THE IIIRD

mentre Fujiko è più in forma che mai con un look da sexy biker che farebbe impazzire anche Cristiano Malgioglio.

Lupin THE IIIRD_Fujiko

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Le ambientazioni suggestive sono davvero belle da vedere , con colori che si sposano benissimo con i vestiti dei personaggi curati nel minimo dettaglio accompagnati dalle musiche di Jay Wadley che riprendono perfettamente la storica sigla che tutti amiamo.

Commento finale

Non ci sono dubbi: Lupin The IIIRD – La lapide di Jigen Daisuke non ha punti deboli e ci fa tornare finalmente bambini, ma con la consapevolezza dei dialoghi maturi e avvincenti che solo Lupin e Fujiko potrebbero regalarci in un film anime che non ha timore di farci diventare finalmente grandi !

Se il film ti è piaciuto, consigliamo anche Lupin The Third – La bugia di Fujiko Mine, del quale abbiamo parlato in un’altra recensione.

Lupin THE IIIRD - Lupin e Jigen

“ Infondo siamo solamente un ladro e un pistolero … Giusto? ”
~ Lupin III e Jigen Daisuke

IL NOSTRO VOTO 4 - Lupin the IIIrd - La lapide di Jigen Daisuke 37