Per chi non lo sapesse Joe Hill è il nome d’arte di Joseph Hillström King, o meglio il figlio di Stephen King. Basterebbe già soltanto questo per convincere gran parte degli amanti e conoscitori dei racconti horror e fantastici a guardare questa serie.
Dopo un’iniziale interessamento nel 2010 da parte di Fox e di Hulu nel 2017 per la realizzazine della serie, nel 2018 Netflix rompe le righe ordinandone la realizzazione per l’intera saga fumettistica.
Di cosa parla Locke & Key (trama e cast)
La storia di questa serie fantasy ruota attorno alla vita di tre fratelli, che dopo il macabro assassinio del padre, si trasferiscono nella sua casa di famiglia in Massachusetts, nella quale scoprono chiavi magiche che danno loro una vasta gamma di poteri e abilità. Quello che non sanno, però, è che anche un demone vuole le chiavi e non si fermerà davanti a nulla pur di ottenerle.
La serie con la prima stagione ha guadagnato subito il consenso del pubblico. Su Rotten Tomatoes la prima stagione della serie ha ottenuto un punteggio di approvazione del 66% basato su 61 recensioni, con un punteggio medio di 6.58/10.
Locke & Key : Ambientazioni,effetti e fotografia …
Le ambientazioni sono abbastanza fedeli al fumetto. Villa Locke è praticamente identica, e i grandi spazi e la piccola cittadina di Lunenburg (piccola cittadina della Nuova Scozia,Canada) è lo sfondo perfetto per raccontarne le avventure.
Dodge nel fumetto
Dodge nella serie
Bode
La caratteristica interessante della serie è certamente l’atmosfera a sfondo thriller/horror(ma senza esagerare) che avvolge le dinamiche della storia. Inoltre i temi quali la famiglia, amicizia, amore, lealtà e la metafora della crescita e maturazione dei ragazzi sono trattati in maniera intelligente rendendo la serie fruibile a tutte le persone indipendentemente dall’età.
I colori sono sempre al punto giusto, nel vestiario dei personaggi, nel colore delle case, il contrasto tra la neve con i giubbotti indossati dai protagonisti, il bagliore blu della magia , (e tanto altro) sono un vero piacere per gli occhi accompagnato da una interessante e ben congeniata fotografia che è la ciliegina sulla torta, merito soprattutto di un grande lavoro di luci e ombre del cast tecnico.
Che dire … Un impanto visivo davvero fantastico!
Kinsey , Scott, Bode e TylerBodeKinsey BodeScott e Kinsey Tyler e Kinsey
I sentimenti, gli affetti, i ricordi , la crescita e conoscenza personale
Locke&Key non è solo magia e avventura fantasy, ma soprattutto una storia intensa dove è sempre percepibile il sentimento che pervade ogni personaggio.
I ricordi assumono un significato così importante da essere tangibili, in una storia che ci da una rappresentazione di essi davvero originale ed emozionante.
AND THE AWARD OF BEST CHARACTER OF THIS SHOW GO TO …
La scelta delle musiche …
Una vera chicca è la scelta delle musiche. Dal motivetto della sigla , alle musiche che accompagnano la suspense, sino alle grandi hit del mondo pop della musica. Locke & Key tra uno spavento, un’emozione e una risata ci fa anche … Ballare!
Un comparto sonoro davvero accattivante e accurato che rende ogni immagine, sequenza e avvenimento avvincente.
Ecco una playlist che raccoglie tutte le musiche delle prime 2 stagioni.
De Martino nel 1959, analizza alcune zone del sud Italia tra cui Basilicata, Campania e Calabria per capire quanto la magia sia radicata nella cultura popolare. In particolare nella pellicola viene trattato il fenomeno della fascinazione.
Fascinazione
Con fascinazione si intende una condizione psichica di impedimento e inibizione dovuta ad un senso di dominazione da parte di un’altra entità, con cui si perde autonomia. Essa necessita di una vittima e di un agente fascinatore. Se esso è umano si parla di malocchio, cioè un’influenza maligna causata da uno sguardo invidioso da parte di un’altra persona.
Sud e magia di Ernesto de Martino
Cos’è la fascinazione
Nel suo libro de Martino ci parla del fascino (o fascinazione o malocchio o fattura), una condizione che implica un agente (una persona fisica o uno spirito maligno) e una vittima.
Come avviene la fascinazione
La fascinazione può dunque avvenire anche involontariamente e spesso solo attraverso lo sguardo: in molte formule contro la fattura si ricorda proprio l’elemento dell’occhio malevolo (basta pensare alla filastrocca napoletana “Uocchij, maluocchij, prezzemolo e finocchio, aglie, fravaglie, a fattura ca nun quaglia” o a quella più famosa detta da Lino Banfi ne ‘L’allenatore nel pallone”).
Ernesto de Martino (1908 – 1965)
Fascinazione come allucinazione
L’autore nel suo saggio parla della fascinazione anche come forma di allucinazione e di possessione descrivendo casi di legature notturne: persone svegliatesi con lividi o legate al letto o che avrebbero sperimentato di notte uno stato di paralisi cosciente durante vessazioni fisiche di spiriti. Probabilmente secondo lo studio, la credenza diffusa di questo evento è dovuta al voler motivare lo stato emotivo-cognitivo di un individuo che in situazioni estreme quali gravi malattie,fame,situazioni di grave difficoltà o la morte durante il quale la persona era come assente e/o estranea alla realtà o non completamente cosciente e padrone delle sue scelte. Cefalalgia, sonnolenza, spossatezza, rilassamento, ipocondria spesso accompagnano la fascinazione: ma l’esperienza di una forza innominabile e funesta resta il tratto caratteristico.
Riassumendo …
Detto ciò possiamo quindi dire che la credenza nella fascinazione si basa su due fondamenti.
l’esistenza di forze oscure (naturali e sovrannaturali) che sovrastano l’esperienza umana e possono incidere negativamente su di essa;
la possibilità che persone possano agire a danno di altri esseri umani.
Per questo in chi crede vi è la necessità di attribuire a qualcuno (colui che è magico) il potere di contrastare quelle forze e le cattive intenzioni di chi ne fa uso. In tal senso vi è l’operatore, che viene identificato dalla comunità come dotato di poteri magici, il trattamento che egli riserva può conseguire degli effetti positivi e a volte risolutivi.
Giulia Patrignani in una scena del film
Un horror completamente italiano …
Il legame è interamente girato in Puglia, in particolare tra Selva di Fasano e Monopoli. Tra gli attori protagonisti vediamo Riccardo Scamarcio nei panni di Francesco, che per la prima volta porta la sua compagna Emma e Sofia(figlia di lei) a conoscere sua madre Teresa che vive in un’antica villa immersa tra gli ulivi, nel sud Italia.
Regia
Il ritmo della storia è ben calibrato, riuscendo a tenere alta l’attenzione lo spettatore oltre che la suspense. I personaggi sono ben coadiuvati, grazie anche alle buone scelte del regista per l’esposizione dei fatti.
De Feudis, riesce a creare un’atmosfera perfetta sfruttando a pieno le ambientazioni suggestive del paesaggio pugliese. Le campagne e gli alberi di ulivo, la casa dai soffitti alti, le porte scricchiolanti, i lunghi corridoi notturni e l’oscurità delle grotte, sono la giusta cornice per la storia che il regista vuole raccontarci.
Il legame : Una sceneggiatura “donna”
La sceneggiatura (curata dallo stesso regista), pone al centro di tutto la compagine femminile. Le donne sono coloro che muovono le fila della storia. Emma e sua suocera Teresa rappresentano due epoche lontane tra loro. Emma rappresenta ciò che è il mondo d’oggi e Teresa rappresenta ciò che sappiamo che è stato, e ciò che in segreto ancora esiste: il folklore.
Mariella Lo Sardo è Teresa
COMMENTO CON SPOILER
Il regista mostra tutta la sua abilità nel porre delle basi eccellenti per una buona storia dell’orrore. Il film è caratterizzato da dualismi. Il folclore e l’orrore, Il racconto popolare e le tradizioni familiari del Sud, Emma e Teresa. La pellicola mette subito in evidenza le diverse origini e tradizioni tra Francesco ed Emma. La villa e il luogo ormai desolato, le cure mediche non del tutto convenzionali, i riti, le preghiere prima del pranzo, sono tutti motivi di disagio che attanagliano Emma e che le fanno guardare Teresa con sospetto e timore. Questi elementi non sono altro che la classica quiete prima della tempesta, di una situazione (almeno in apparenza) tranquilla. Uno scontro preannunciato che però cesserà quando le due donne prendono le redini e collaborano per il bene di Sofia mettendo da parte ogni rancore e diversità.
“All’inizio non riuscivo a capire. Non era una semplice fascinazione. Ada era stata toccata da qualcosa di potente, di malvagio.” (Teresa)
De Feudis (con grande astuzia) pone il nostro sguardo dalla prospettiva di Emma facendoci temere il personaggio di Teresa. Come spesso si vede in film di possessione, la storyline arriva al punto cruciale quando la protagonista è sola nella propria stanza, scura, silenziosa, nella notte. Rumori, ombre, angoscia e tensione colgono lo spettatore il quale scruta ogni elemento come possibile pericolo in perfetto stile Paranormal Activity.
De Feudis rilancia l’horror italiano
Chiunque abbia visto qualche film horror, sa che in Italia non ha mai funzionato. Era dai tempi di Profondo Rosso e Suspiria che in Italia non guardavamo un film horror degno di nota.
Che sia chiaro, Il Legame non è neppur lontanamente paragonabile ai capolavori di Dario Argento, ma regala grandi speranze per il futuro, con una sorprendente performance di Giulia Patrignani (ragazzina all’esordio) e di Riccardo Scamarcio, che riesce a far dimenticare al pubblico il bad mantormentato e desiderato dalle donne a cui siamo abituati.
Da premiare è sicuramente la scelta di portare sullo schermo un tema affascinante (e non usiamo questa parola a caso) come i riti popolari. Purtroppo però dopo un’ottima introduzione della storia e una buona parte centrale, l’opera d’esordio del regista si perde nel finale lasciando un senso di incompiutezza.
Due occhi ti hanno fissato nei miei, ti vogliono aiutare. Io ti attacco al sangue fascinato per vedere dove si è celato. È sangue della tua natura, fino alla sepoltura.
Squid Game è una serie televisiva sudcoreana, scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk. La serie è stata distribuita in tutto il mondo sulla piattaforma di streaming Netflix a partire dal 17 settembre 2021 ottenendo un enorme eco mediatico.
L’incredibile impatto social ha fatto si che persone inizialmente riluttanti o non interessate, guardassero la serie nonostante fosse solamente sottotitolata in italiano. Hwang ha raccontato che la storia è fondata sulla base delle sue personali difficoltà giovanili, oltre che alle disparità socio-economiche vigenti in Corea del Sud.
Nonostante la serie è stata distribuita nel 2021, la sceneggiatura risale a molti anni prima. quando è stata scritta per la prima volta nel 2008. L’autore infatti fece fatica a trovare dei produttori disposti a finanziare l’opera, finché Netflix si mostrò interessato, in modo da espandere offerte di intrattenimento provenienti da Paesi esteri.
La serie si può definire un thriller action/drama composta da 9 episodi dalla durata che varia dai 32 ai 62 minuti. Il cast è ovviamente composto da attori conosciuti per la maggiore in Corea.
In particolare Hwang chiese agli attori Gong Yoo e Lee Byung Hun che avevano lavorato ai suoi film precedenti,(rispettivamente Silenced e The Fortress), di apparire in piccoli ruoli all’interno della serie. Probabilmente questa scelta fu dettata dalla loro fama nazionale per dare un maggiore appeal alla serie.
Ma di cosa parla e cosa rende così accattivante Squid game ?
Trama
La serie, narra la storia di un gruppo di persone che in condizioni economiche disperato vengono invitati a partecipare ad un gioco che ha in palio 45600000000 ₩, (circa 33 milioni di euro). Ciò che sembra un semplice gioco a premio si trasforma in un vero incubo.
Biglietto di invito per la partecipazione al gioco
Per chi non avesse ancora visto la serie e non vuole incappare in spoiler consiglio la visione del trailer e di tornare alla lettura della recensione solo in seguito.
trailer ufficiale
Avete un’ultima possibilità di scegliere. Volete tornare alle vostre vite schifose, a farvi inseguire dai creditori? O volete cogliere l’ultima occasione che vi stiamo offrendo?
Guardia
Guardie
Regia
La regia è probabilmente insieme alla sceneggiatura il punto di forza di queste serie. Gli episodi sono strutturati in maniera intelligente nello stile che ricorda molto le serie degli ultimi anni (vedi La Casa di carta), tenendo lo spettatore col fiato sospeso e con la voglia di scoprire cosa accade subito dopo. Una narrativa serrata,una storia eccitante e un’atmosfera tesissima (che si avverte a partire dai minuti finali del primo episodio), sono il leitmotiv della serie coreana.
Non è un caso se dopo il pluripremiato Parasite, ci troviamo ancora a parlare di un prodotto sudcoreano. Parasite ha riscosso il successo meritato grazie ad una storia di denuncia e grazie alla voglia del suo creatore di mettere sullo schermo tutta la sofferenza che vivono i suoi connazionali in una società spaccata in due : ricchi e poveri.
Allo stesso modo (ma più cruento), Squid Game racconta la storia di persone disperate, che per diversi motivi si trovano sul lastrico e mettono a rischio la propria vita in un gioco mortale. È ancora una volta la povertà il filo conduttore che collega Parasite,Squid game e lo spettatore.
Una storia che con il terribile spettacolo dei giochi descrive la vita di moltissime persone che vengono schiacciate dai debiti e dall’ansia di sfuggire ai loro carnefici: I creditori.
Sceneggiatura
Per quanto noi italiani abbiamo potuto apprezzare dai sottotitoli, i dialoghi sono diretti,espliciti, dal tono crudo e senza far mancare momenti di divertimento (in perfetto stile anime), toccando temi profondi e forti come minoranza,legge del più forte,differenza di razza,genere,povertà,disperazione,avidità e capitalismo. La coralità del cast è una piacevole sorpresa con attori semisconosciuti che forniscono una grande prova con un’interpretazione dei protagonisti notevole.
Montaggio e fotografia
Anche il montaggio porta a casa il risultato, con scelte accurate e lineari riuscendo a trasmettere perfettamente ogni emozione provata dai giocatori/vittime. La maggior parte delle scene sono state girate in ambienti chiusi facilitando di gran lunga la gestione di ogni elemento in camera. Particolarmente belle e allo stesso tempo strazianti le scene dall’alto e le sequenze in cui nel primo gioco (Un due,tre stella) e nel terzo (gioco nell’episodio “L’uomo con l’ombrello”) vediamo rispettivamente le persone correre nel tentativo di scampare a morte certa e continuare a ritagliare sotto il rombante e ansiogeno suono degli spari. A rendere tutto ancora più bello sono la scelta di colori che esalta ogni cosa.
I giocatori si rendono conto che non è poi così tanto un gioco …
Episodio “L’uomo con l’ombrello”
Un enorme parco giochi, pieno di colori e giostre per bambini, come la più crudele e infime delle violenze psicofisiche colpisce anche lo spettatore più cinico, quando una guardia spara in testa a un giocatore e il suo cadavere scivola giù dallo scivolo. Una scena che da il via ad una manciata di minuti colmi di suspense.
Interni della location in cui avvengono i macabri giochi
La serie fa un uso dei colori e delle immagini importante. Lo si può vedere nelle scene delle scale, tutte colorate, ma che confondono e che trasmettono un senso di disorientamento.
I momenti esilaranti che ci regala “La letizzetto della Corea”
https://www.youtube.com/watch?v=lZ7zEpOsZeU
Col un minutaggio corposo, ma al punto giusto non manca di sotto-trame: Storie romantiche, di poliziotti in incognito e malavitosi che diventano bulli da scuola, in ogni episodio la varietà fa si che lo spettatore non abbia mai da annoiarsi.
La scena più triste e commovente della serie
Costumi e colonna sonora
La scelta dei set e i costumi colorati sono stati progettati per dare l’impressione di un mondo per bambini. La scelta di dividere guardie e giocatori con tute di colore diverso è dettata dalla voglia di enfatizzare la differenza tra i due gruppi.
La bambola robot nel primo episodio, è solo uno dei numerosi riferimenti alla cultura della Corea del Sud. Questa è una scelta che come già successo per Parasite denota la voglia del regista di raccontare sotto ogni aspetto il mondo coreano.
Le musiche sono intriganti per una colonna sonora che ormai è in tutti i remix del web.
Se siete curiosi e volete approfondire l’argomento potetecliccare quiper conoscere tutte le curiosità a riguardo.
Riflessioni, temi e analogie
Squid Game usa la distopia di Hunger Games per evidenziare la disuguaglianze di classe e la crisi della Corea moderna
Nel secondo episodio intitolato “inferno” i personaggi tornano alla loro quotidianità dopo aver scelto di interrompere il gioco, ma le condizioni tragiche della loro vita e i debiti che pesano sulle loro teste li portano drammaticamente a tornarci. Essi sono consapevoli che il rischio di morire lì dentro è altissimo, ma pur di non vivere l’inferno della vita quotidiana scelgono di rischiare il tutto per tutto nel tentativo di portare a casa il premio.
Non ho una casa a cui tornare. Qui almeno ho una possibilità, ma là fuori? Là fuori non ho niente. restiamo, continuiamo fino alla fine! Meglio stare qui e morire tentando, che morire là fuori come un cane.
~ n. 322
Hell Joseon , Hell Chosun o Hell Korea è un termine satirico sudcoreano diventato popolare nel 2015. Nato e usato per criticare lo stato socioeconomico della Corea del Sud, è divenuto popolare prima tra tutti tra i giovani coreani dopo i loro dissapori verso la società a causa della disoccupazione e delle condizioni di lavoro.
Inoltre è usato per denunciare le politiche del governo viste come un contributo alla disoccupazione giovanile, alla disuguaglianza economica, all’orario di lavoro eccessivo, all’incapacità di tirarsi fuori dalla povertà anche se lavorano sodo, una società che favorisce l’interesse personale e l’irrazionalità nella quotidianità vita. Inoltre anche il razzismo è un tema trattato, con la storia di Aliche è vittima di sfruttamento sul lavoro da parte del suo datore.
Sembra chiaro quindi che con il secondo episodio il regista voglia evidenziare questo concetto.
Quando sono tornato qui, ho capito che quello che dicevano era vero. La vita qui è un inferno perfino maggiore.
~ Oh Il-nam n. 001
La fiducia secondo Squid Game
Non ci si fida delle persone perché se lo meritano. Lo si fa perché non hai altri su cui contare.
~ Seong Gi-hum
In Squid Game la fiducia nelle persone è un altro tema importante. Sin da subito i giocatori devono fidarsi degli altri nel tentativo di sopravvivere, ma allo stesso tempo sono consapevoli che non tutti potranno arrivare fino in fondo, innescando quindi continui dubbi in ognuno di loro.
Nell’episodio 4 “Non si abbandona la squadra ” Gi-hum e i membri della sua squadra si dicono per la prima volta i loro nomi in segno di reciproca fiducia. Nel momento in cui viene detto loro che bisogna formare una squadra di 10 persone, tutti cercano di integrare nel loro team persone forti e in salute a discapito dei più deboli. Gi-hum e Sae-byeok decidono di non abbandonare 001(l’anziano Il-nam) e una giovane ragazza di nome Ji-yeong. Alla fine la fiducia e la genuinità dei 2 li ripaga: L’anziano infatti si dimostra decisivo per la vittoria del gioco dispensando preziosissimi consigli su come vincere al tiro della fune.
Oh Il-nam n. 001
Il-nam (ormai in punto di morte) chiede a Gi-hun se si fida ancora delle persone dopo tutto ciò che ha vissuto il quale risponde di si. A questo punto gli propone di giocare un’ultima partita con lui per verificare se alle persone è rimasto ancora del buono.
Il protagonista a questo punto, vincerà se qualcuno aiuterà un ubriaco per strada prima di mezzanotte. Un’istante prima di esalare l’ultimo respiro, l’anziano si vede sconfitto, mentre Gi-hun ritrova un bagliore di speranza, dopo aver visto che fidarsi del prossimo non è ancora un errore.
Il monologo di Il-nam e cosa accomuna ricchi e poveri
Quando si scopre che Il-nam è la mente dietro l’operazione del gioco, creato per intrattenere ricchi annoiati, spiega come poveri e ricchi siano accomunati da vite monotone.
Sai cosa hanno in comune una persona senza soldi e una che di soldi ne ha troppi? Per entrambi vivere non è divertente. Se hai troppi soldi, non importa cosa compri,mangi o bevi, tutto alla fine diventa noioso
~ Oh Il-nam n. 001
Un concetto paradossale, che vuole criticare le persone estremamente privilegiate nella società e che non apprezzano la vita e la fortuna che gli permette di godersela a discapito di chi invece non può farlo.
Se la serie ha avuto successo è anche grazie ad alcuni elementi che hanno caratterizzato il cinema degli ultimi anni e che di fatto hanno attirato il pubblico, creando così analogie impossibili da non notare.
Oh Il-nam n. 001
Jigsaw
Oh Il-nam n. 001 a cui è stato diagnosticato un tumore al cervello crea lo squid game e Jigsaw malato terminale di cancro, decide di vivere gli ultimi anni della sua vita ideando giochi mortali per punire le persone che hanno mostrato disprezzo per la vita. Anche se per motivi diversi, entrambi destinati a morire a breve sono autori di sadici giochi.
Guardie di Squid Game
È palese che Squid Game abbia per le tute delle guardie, preso spunto da un’altra serie di successo come La casa di carta. Per non parlare di Sae-byeok, l’eroina del gioco che per tratti caratteriali e alcune caratteristiche fisiche non può non ricordare l’affascinante Tokyo.
Magari non sarà una scelta voluta, ma a noi nella scena in cui Seong Gi-hum deve scegliere il colore della busta, è parso di rivedere Neo intento a decidere quale pillola ingerire.
Matrix
Squid Game
Conclusioni
Poiché Netflix si rivolgeva ad un pubblico globale, le regole dei giochi sono state semplificate per evitare potenziali problemi con la barriera linguistica. Una scelta che si è mostrata eccellente ai fini della distribuzione tant’è che ad oggi Squid Game nonostante non sia doppiata in molte lingue è la serie più vista sulla piattaforma californiana.
La serie coreana è un mosaico di riferimenti nazionali e cultura pop che grazie a questo mix produce un quadro perfetto della società capitalista che non lascia speranza al suo popolo.
Numerosi mostri mutanti e zombi vanno in cerca di prede umane.
Claire Redfield (sorella di Chris Redfield, uno dei protagonisti del primo Resident Evil, venuta a cercarlo in città) e Leon Scott Kennedy, un neo poliziotto assegnato alla locale stazione di polizia, la R.P.D. (Raccoon City Police Department), al suo primo (che fortuna) giorno di lavoro.
Nell’autunno del 2004. Leon Scott Kennedy, è ora un agente governativo incaricato di indagare sul rapimento di Ashley Graham, figlia del presidente degli Stati Uniti d’America.
Secondo l’intelligence, Ashley è stata deportata in Spagna, e gli indizi portano al villaggio rurale di El Pueblo. Per confermare la notizia ed evitare imboscate, i servizi segreti decidono di inviare sul posto un solo agente: Leon Scott Kennedy, agente speciale che gode della stima del presidente.
2006 Infinite Darkness breve introduzione della storia in streaming su Netflix
Dopo gli avvenimenti di El Pueblo, in seguito ad un attacco informatico alla Casa Bianca; il presidente richiama il suo fidato (a cui deve tutto dopo avergli riportata sana e salva la figlia) Leon Kennedy al quale ordina di indagare sull’accaduto. Arrivato alla Casa Bianca Leon deve subito far fronte ad un misterioso attacco il quale diffonde il virus T nella struttura. Scampato il pericolo Leon incontra Claire che, nel frattempo indaga sugli avvenimenti di Panemstan il quale pare abbia portato al suicidio un’intera squadra di soldati tornati dal posto anni prima.
L’unico sopravvissuto della squadra è Jason definito “Eroe di Panemstan“, il quale però appare subito ambiguo agli occhi di Leon.
Regia e sceneggiatura
La trama di Resident Evil Infinite Darkness è ben definita, riuscendo a collocare in maniera corretta i personaggi e le loro storie. Mi è parso evidente che la scelta di rilasciare soltanto 4 episodi sia per dare al pubblico un assaggio, un modo per la produzione di tastare il terreno per programmare una serie (mi auguro) più profonda e più longeva.
I flashback inseriti tuttavia non riescono a raccontare chiaramente il background dei personaggi introdotti, mentre è davvero ottima l’atmosfera che si crea durante l’investigazione portata da Claire. I dialoghi sono ben strutturati rendendo piacevole la visione della serie senza momenti di noia.
Leon e Jason in una scena della serie
C’è da dire però mentre in Resident Evil: Vendetta (2017) abbiamo apprezzato sequenze mozzafiato con inseguimenti,sparatorie e combattimenti all’ultimo sangue, questo ha messo da parte la spettacolarità incentrando la storia sul dialogo, gli intrighi e le atmosfere cupe rendendo il prodotto un thriller a sfondo horror.
Claire sulla scena del delitto
Montaggio
Essendo una serie prodotta completamente in CGI, per gli amanti della saga CAPCOM è un po’ come tornare a casa. La qualità della grafica è sicuramente notevole, riprendendo quanto fatto con i film precedenti del franchising e cercando di sfruttarlo a pieno. Proprio su questo punto mi sento di muovere una piccola critica: Considerando che l’ultimo film risale a qualche annetto fa, mi sarei aspettato un miglioramento in alcune movenze e alcune espressioni dei personaggi che invece sembrano rimaste sullo stesso livello, che resta comunque di prima fattura.
Il design e le ambientazioni sono come sempre in perfetta sincronia con quelli del videogioco, il tutto accompagnato da una buona colonna sonora.
Conclusioni
Resident Evil: Infinite Darkness è senza dubbio uno dei prodotti più attesi dal pubblico amante del genere e della saga videoludica. La serie mantiene un ottimo livello , ma troppo breve con i soli 4 episodi per essere giudicata in maniera definitiva.
In attesa di ulteriori episodi possiamo concludere dicendo che questa serie animata è una buona trasposizione seriale della saga horror più amata e conosciuta al mondo, se dovessi dare un voto scolastico, direi RIMANDATA .
Questa pellicola originale Netflix è un film che sfrutta le ambientazioni già note ovvero il mondo che deve far fronte allo scoppio di un virus che trasforma i morti in zombie. L’idea originale di far sviluppare la storia all’inizio dell’epidemia quando i non morti sono intrappolati e controllati all’intero della ormai abbandonata Las Vegas, reinventa di fatto il classico zombie movie.
Nonostante la freschezza di questo prodotto, il regista impronta il film su uno stile rétro riprendendo alcune caratteristiche estetiche e atmosfere di film iconici come Essi vivono (They Live) (1988) e Vampires (1998) di John Carpenter per citarne alcuni.
Il cielo che fa da sfondo in Essi Vivono
Una delle tante scene in cui Zack gioca con le luci del sole
Vampires (1998)
Locandina Army of the Dead
Il film presenta un plot davvero intrigante, ma dopo un’ottima introduzione della storia,dei personaggi (ben caratterizzati e davvero cazzuti) e di alcuni elementi interessanti, la storia finisce per svilupparsi in maniera scontata e frettolosa perdendo un po di mordente e cadendo in alcuni espedienti narrativi poco credibili. I dialoghi sono divertenti e piacevoli rendendo il film accattivante ,scorrevole e dai toni più action che horror.
SPOILER
Espediente 1 All’inizio del film quando Zeus attacca i soldati, i due superstiti anziché provare a scappare con il mezzo militare, hanno la brillante idea di fuggire a piedi (ma perché?) … Ovviamente questo per far sì che lo spettatore capisca che Zeus mordendo gli umani può renderli suoi “scagnozzi”.
Espediente 2 Quando Chambers intuisce le losche intenzioni di Martin, essa viene tratta in trappola. Nonostante riesca a sbarazzarsi di un gran numero di zombie con la sua grande abilità, tuttavia quando il gruppo la vede in difficoltà per un motivo incomprensibile la lasciano dietro guardandola morire tra i non morti. (Erano in gruppo, perché non provarci?) Questo perché morendo Chambers, non veniva subito scoperto il piano di Martin.
Elemento non sfruttato Durante le scene in cui Scott forma il team, si può palesemente intuire che i guadagni decisi per ogni componente è differente, ma nonostante il regista voglia far intuire questo come possibile motivo di scontri nel gruppo,questo non viene mai fuori.
La fotografia
La fotografia diretta sempre dal regista (all’esordio), è sublime: Gioco di luci e colori del cielo della città fanno da sfondo alle disavventure dei protagonisti.
Una Las Vegas versione pandemic davvero accattivante e spettacolare che si mostra una inedita, ma azzeccatissima location per un film sui non morti.
Per rendere il film un apocalittico dal tocco anni 60’/80′ , Zack Snyder ha utilizzato una serie di lenti Canon Dream degli anni 60 acquistate anni prima su eBay, e prima dell’inizio delle riprese ha collaborato con RED Studios per la realizzazione di telecamere digitali che riuscissero ad abbinare quest’ultime.
Montaggio ed effetti speciali
Le sequenze d’azione sono girate egregiamente e anche gli effetti speciali e il trucco dei mostri funziona.
Per il trucco sono stati ingaggiati 35 truccatori che hanno impiegato in media 6 ore al giorno per truccare e preparare le comparse nel ruolo degli zombie shambler.
Per velocizzare questo processo hanno poi creato delle protesi per personalizzare alcuni dei zombie che all’interno del film hanno ruoli o scene comprimarie come ad esempio la pelle e il volto di Zeus e la Regina.
La reginaZeus capo dei zombie Alpha
La tigre ed il cavallo zombie
Per la creazione di Valentine , la tigre zombie hanno invece registrato i movimenti dell’animale per riproporlo al computer. L’aspetto della tigre zombie è nato da alcuni bozzetti che aveva ideato il regista, che insieme all’aiuto della troupe ha generato il lavoro finale.
Per una buona riuscita , a Zack è stato consigliato di utilizzare l’aspetto di una tigre bianca e di replicarne movimenti e dimensioni per rendere il più reale possibile l’animale.
Valentine
Per il design e trucco del cavallo zombie sono state dipinte e scolpite a mano protesi di ossa e carne, applicate poi ad un vero cavallo dal nome Ace.
Il cavallo zombie
Per tutti i dettagli sugli effetti speciali potete dare uno sguardo al mio articolo Army of The Dead : Curiosità e foto dal backstagedove ho raccolto e spiegato nel dettaglio tutti i lavori dei tecnici raccontati nel Backstage di Netflix.
Conclusioni
Army of The Dead è un prodotto valido, ma che lascia in me un senso di incompiutezza. Un film che mostra tutto il coraggio del suo creatore,che però pecca di frettolosità non approfondendo alcuni elementi narrativi che avrebbero potuto rendere perfetta questa pellicola che in ogni caso merita di essere vista.
“La femminilità non volgare è pura arte divina.” (Silvia Zoncheddu)
La migliore offerta
è un film del 2013 scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, con protagonista Geoffrey Rush.
Il thriller drammatico sentimentale del pluripremiato regista italiano – ricordiamo l’oscar come miglior film in lingua straniera “Nuovo Cinema Paradiso” (1988) e Baarìa (2009) – ci racconta la storia di Virgil Oldman un richiestissimo battitore d’aste che grazie all’aiuto dell’amico di vecchia data Billy(Donald Sutherland) ottiene a prezzo irrisorio tele di incredibile valore. Ma l’ossessione/passione più grande del protagonista è la figura femminile, la quale negli anni lo ha indotto a collezionare numerosi ritratti di raffiguranti belle donne.
Tali opere le custodisce gelosamente in un luogo segreto di casa sua,nel quale passa il tempo ad ammirarne ogni giorno i volti raffigurati, in particolar modo due volti che per lui rappresentano l’unico rapporto sentimentale dell’uomo, messo da parte dalla sua vita di affari. La sua vita fatta di routine e alienazione dal mondo viene sconvolta dall’incontro di una giovane ereditiera.
La stanza segreta di Virgil
«In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico»
Non giriamoci attorno: Tornatore mette in piedi un capolavoro. Il film è una storia romantica dallo sfondo thriller, un racconto nella mente del protagonista il quale vede la sua vita sconvolta dall’incontro di Claire(Sylvia Hoeks).
L’aspetto psicologico di La migliore offerta è il perno della vicenda a cui attorno ruotano tutti gli avvenimenti.
SPOILER
Quando Virgil scopre di essere stato truffato dall’amico Billy e che quindi la storia d’amore tra lui e la donna non era reale, sconvolto cade in uno stato quasi catatonico. Nulla conta , nulla smuove l’uomo , ma forte nella sua mente restano le immagini degli attimi vissuti con la donna che ama, Claire che nonostante tutto lui vuole vedere ancora una volta. L’amore muove tutto , e dà la scossa a Virgil che una volta dimesso , prende il ritratto della madre della donna che è l’unica cosa che gli ricorda lei , perché Egli crede che in tutta quella farsa , qualcosa di autentico c’era : L’amore tra lui e Claire. “In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico e qualunque cosa succeda il mio amore è vero”. Ricordando le parole di Claire, fitta un appartamento a Praga , in una piazza avente un orologio, luogo raccontatogli proprio dalla sua amata. Ad Egli non resta null altro , se non l’unica cosa autentica che gli è rimasta, l’amore per Claire. La aspetterà lì , sperando che le parole della ragazza siano la verità in un mare di bugie. L’epilogo della storia di Virgil mostra al pubblico come dietro una personalità apparentemente forte come quella del protagonista si nasconda un uomo fragile che si spoglia della sua corazza per mostrare ogni sua debolezza di fronte all’amore della sua vita.
La trama non presenta significativi punti deboli e si sposa perfettamente con gli attori e i ritmi di narrazione che il regista siciliano detta. La costante sensazione di dubbio e confusione che attanaglia lo spettatore lo tiene incollato per tutta la durata del film. I dialoghi sono accurati, il cast è di prima scelta, e le loro interpretazioni non lasciano nulla lungo la strada.
La colonna sonora dell’inimitabile maestro Ennio Morricone è una garanzia che rende il tutto davvero di pregevole fattura insieme ad un montaggio che non è richiamato all’uso di particolari effetti speciali ma che riesce ed esaltare colori e ambientazioni come ad esempio la stanza segreta contenente le numerose opere.
Commento finale
La migliore offerta è un film che va visto almeno una volta nella vita, una perla del cinema italiano. Tornatore si mostra ancora una volta un regista di tutto rispetto, aggiungendo alla sua bacheca un altro capolavoro. Cast,regia,musica e location tutti insieme producono un’intrigante storia che mette a nudo la fragilità dell’uomo.
“Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.” ~ DANIEL GOLEMAN
Piccola premessa
Se credete che questo sia un film horror o un film da guardare senza impegno, allora guardate altro. Sto pensando di finirla qui non è solamente molto impegnativo, ma un viaggio onirico dal ritmo per gran parte lento.
Inoltre per commentarlo dovrò fare alcuni spoiler (che nasconderò con il solito bottone 😉), in ogni caso vi consiglio di guardare il film e magari tornare su questa recensione per leggere le mie considerazioni e magari discutendone insieme commentando in basso.
“Mi sembra di conoscere Jake da più tempo di quanto in realtà non sia …”
Sto pensando di finirla qui, è un film del 2020 scritto e diretto da Charlie Kaufman. Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Iain Reid distribuito da Netflix.
Il romanzo di Iain Reid [Fonte:Web]
Una veloce introduzione
Il film è incentrato sui pensieri dubbiosi di una donna (Jessie Buckley) – la quale sembra essere conosciuta con nomi diversi – la quale riflette sulla voglia di mettere fine alla storia con il fidanzato Jake (Jesse Plemons) nonostante duri da poco più di un mese. La giovane donna non sa che ogni suo dubbio sarà alimentato dalla conoscenza dei suoceri, che seppur gentili faranno assumere alla vicenda contorni spiacevoli e al quanto strani. Nel frattempo in una scuola di un posto sconosciuto, un vecchio bidello vive tra le pulizie e una vita solitaria.
Un film di depistaggi …
Lo spettatore può sin da subito avvertire la tensione tangibile tra i due ragazzi, che durante il viaggio verso la fattoria dei genitori di lui, si inoltrano in discorsi intellettuali e momenti di silenzi e imbarazzi che danno spazio ai pensieri della protagonista. Quando arrivano alla fattoria, Kaufman gioca con le sensazioni dello spettatore mostrando un posto buio,solitario e unfriendly; la bufera di neve non cessa e le stalle sono sporche e poco curate. Ad accoglierli in casa ci sono Suzie (Toni Collette) e Dean(David Thewlis) ovvero i genitori di Jake e il cane che sin da subito hanno comportamenti ambigui.
Suzie e Dean nella scena della cena
SPOILER ⚠️😱
Chi è la protagonista ? Lucy,Lucille,Louise. La giovane donna durante il film viene chiamata da Jake con 3 nomi diversi (strano vero?). Inoltre durante la cena con i genitori, Jake fornisce altrettante diverse versioni del primo incontro tra lui e la sua amata (altrettanto strano no?). Come se non bastasse a destabilizzare lo spettatore sono le reazioni che la donna ha quando guardando alcune foto di famiglia ne vede alcune sue da bambina: “come può essere mai possibile essendo a casa dei suoceri appena conosciuti?” Un altro elemento che disorienta chi guarda il film è vedere la ragazza poggiarsi in maniera affettuosa sulla spalla del suocero come se lo conoscesse da sempre.
Ma facciamo un piccolo passo indietro … Durante il loro viaggio in auto la protagonista legge a Jake una sua poesia. La stessa poesia dopo la cena , la vede tra le cose nella vecchia cameretta di Jake insieme ad un vaso contenenti le ceneri che sembrano essere del cane appena conosciuto. A questo punto il regista gioca davvero con lo spettatore in puro stile Lynch : La ragazza gira per casa che sembra come posta su una linea temporale che muove la protagonista e gli altri personaggi tra presente passato e futuro. Nei minuti successivi infatti è come assistere alle fasi della vita dei suoceri alternando le scene di loro freschi sposi ,fino alla loro vecchiaia e morte.
“ Non devo andare dove ? ”
Una trama apparentemente insensata
“Sto pensando di finirla qui” è un film che più di altri divide il pubblico in due macro-fazioni : SODDISFATTI e INSODDISFATTI.
Aldilà del gusto personale e dei dati oggettivi, è un prodotto che è difficile da digerire e forse anche difficile da riguardare.
Il regista mette davvero in funziona un meccanismo psicologico che scatta inevitabilmente in ogni spettatore che più guarda e più resta disorientato dagli avvenimenti che non hanno senso , risultato confusionali e grotteschi. Il film girato in 4:3 amplifica i pensieri claustrofobici della protagonista che non riesce a mettere fine a qualcosa che non la fa stare bene.
Nella parte centrale della storia i toni,i dialoghi e le scene sono alti e deliranti dando l’impressione che tutto sia folle e che ogni attore abbia perso il senno d’improvviso e sia sfuggito alla scrittura della sceneggiatura.
Ma è in tutto questo che sta il genio … (vedi il prossimo spoiler se vuoi capire il perché)
SPOILER ⚠️😱
Durante il viaggio di ritorno come se il freddo della bufera non fosse abbastanza i due decidono di bere un frappè ( si … avete letto bene ) e si fermano in una gelateria che si trova praticamente nel nulla assoluto.
Qui la ragazza dei gelati ha un piccolo dialogo con Lucy in cui appare palesemente preoccupata: “Non deve andare“ Lucy non capendo cosa volesse dirle le chiede dove, e la ragazza risponde: “Avanti nel tempo, lei può restare qui. Ho molta paura.“ E mentre Lucy le chiede di cosa avesse paura, Jake interrompe il discorso avvicinandosi e portando via la fidanzata.
Nella parte finale del film Jake vuole mostrare la scuola che ha frequentato in passato, così getta i bicchieri dei frappè presi poc’anzi e vi entra. Quando Lucy lo raggiunge nota il bidone pieno di bicchieri di frappè,entra e dopo una luna sequenza di scene a lei poco comprensibili viene svelato il mistero. Lucy vede il bidello, che vive solo e vede i suoi pensieri. Il bidello ha sempre sognato di conoscere l’amore e di diventare famoso e di conseguire la laurea in una facoltà importante come la fisica.
SPIEGAZIONE DEL FINALE Jake è il bidello delle scene precedenti,il vero artefice di ogni pensiero di Lucy ed il vero protagonista del film. Il regista sovverte ogni cosa svelando che tutto altro non è che l’immaginazione del bidello (il Jake ormai vecchio) che passa le giornate rivivendonella sua mente tutte le vie possibili che l’uomo avrebbe potuto prendere nella sua vita come fidanzarsi,sposarsi,laurearsi,diventare un poeta o un fisico quantistico. Lucy/Lucia/Louise quindi è l’ideale di ragazza che ha costruito nella sua mente (ad invitare la ragazza a restare è in realtà Jake che ha paura di restare solo) ed è contemporaneamente lo stesso Jake spiegando il perché di tutti gli elementi raccolti durante il film:
– La sensazione di conoscere Jake da molto più tempo – La poesia e le ceneri del cane – Le visioni del corso della vita dei genitori di Jake – Le foto di Jake in cui vede lei stessa da bambina – La scena in cui lei si appoggia sulla spalla di Dean – Il suo assecondare ogni stranezza durante gli avvenimenti nella casa.
Lucy è anche la chiave di volta che fa raggiungere la consapevolezza al protagonista che la vita non è vita senza l’amore e quindi a questo punto vale la pena finirla qui .
“Gli uomini non sono prigionieri dei loro destini, ma sono solo prigionieri delle loro menti.”
~ FRANKLIN DELANO ROOSEVELT
La sceneggiatura si salva grazie all’uso del paradosso del tempo e della mente riuscendo a districare tutti gli avvenimenti e dando un senso al finale.
La fotografia è eccellente. Tutto rende l’idea , ogni oggetto è illuminato nel modo giusto, le ambientazioni suggestionano lo spettatore per prepararlo a ciò che sta per vedere, per non parlare dei colori che si mescolano nelle scene della cena che fanno anche da copertina al film.
La colonna sonora e i costumi hanno vita facile in un film cervellotico che non è molto esigente in tal senso.
Commento finale
Per chi non ha visto il film e ama le trame impegnative e i thriller psicologici deve assolutamente guardare l’opera di Kaufman.
Sto pensando di finirla qui è un viaggio onirico , che però tiene poco conto dello spettatore, anzi gioca con la sua pazienza e la sua testa rendendo il film in alcuni tratti qualcosa di snervante e da stoppare.
Tuttavia chi riesce a vederlo fino in fondo può apprezzare un film in perfetto stile David Lynch.
“Il mondo fa schifo, e se la feccia crepasse sarebbe meglio per tutti. E io… con questo quaderno posso far sì che ciò avvenga. Il problema è…la mia mente reggerà?”
~ Light Yagami
Nell’ Ottobre del 2006 veniva trasmesso in anteprima mondiale in Giappone l’anime di Death Note. L’adattamento del manga di Tsugumi Oba e Takeshi Obata si puo’ considerare senza dubbi una delle pietre miliari dell’animazione giapponese e uno degli anime più famosi di sempre. Dall’opera originale sono stati tratti numerosi film,serie,videogiochi e ogni tipo di gadget.
Ma cosa rende, Death Note così unico da essere ancora osannato dal pubblico?
Ryuk e Light Yagami
Trama
Light Yagami è uno studente modello, annoiato e stufo di vivere in una società pervasa da crimini e corruzione. La sua vita cambia notevolmente quando un giorno trova un misterioso quaderno nero, intitolato “Death Note“.
“L’umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà.”
Inizialmente scettico, Light prova il quaderno scrivendo i nomi di due criminali, rimanendone stupito dall’autenticità dei poteri. Successivamente il vero proprietario del Death Note, un dio della morte di nome Ryuk si mostra al ragazzo, il quale lo avverte delle conseguenze derivanti dall’utilizzo del quaderno. Decide quindi di usarlo per estirpare il male e diventare il “Dio del nuovo mondo“. Tuttavia, il notevole aumento di casi di criminali deceduti in maniera inspiegabile, attira l’attenzione dell’Interpol che chiede aiuto ad un singolare,giovane e abilissimo detective privato conosciuto come Elle.
Elle
Un capolavoro senza tempo, facciamo un po’ di analisi
Uno dei punti di forza del manga è la contemporaneità dell’opera giapponese ,che nonostante gli anni resta attuale grazie ai temi quali la violenza, la morale e il concetto di giustizia.
Infatti Light critica lo stato, il quale secondo il ragazzo è incapace di mettere fine a questo mondo fatto di violenza e criminalità.
“Ascolta Ryuk: io costruirò un mondo ideale totalmente privo di criminali […]”
Light Yagami
Ma è corretto “farsi giustizia” ?
Ovviamente farsi giustizia è sbagliato ed anche punibile, eppure come spesso accade guardando un film, noi siamo dalla parte del protagonista. Perché? Beh perché siamo consapevoli che spesso la giustizia è lenta,vincolata da una serie di regolamentazioni e procedure che impiegano troppo tempo per arrivare ad una giusta (spesso non soddisfacente) pena.
Inoltre le leggi secondo alcuni filosofi non seguono il principio di giustizia , perché esse sono pur sempre ideate dall’uomo e quindi fallibili. Ma che s’intende per principio di giustizia?
Il filosofo Kant diceva :
“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente… Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.”
Immanuel Kant
Il principio di giustizia è la percezione del giusto regolamentato dalla legge morale che vive in noi. Secondo alcuni studi, un bambino di soli 10 mesi riconosce come gesto positivo un personaggio che viene raffigurato intento ad aiutarne un altro.
Allora perché Light nonostante possa riconoscere che è giusto lasciar combattere il crimine alla legge, cede alla tentazione di ricorrere al death note?
Questo è la domanda che personalmente mi sono posto continuamente durante la visione e a cui ho provato a rispondere:
Light Yagami è un ragazzo che ha una vita perfetta.
Ha una famiglia che lo stima e lo ama
È uno studente modello, nonché ragazzo dall’aspetto fisico invidiabile
Può riconoscere nel padre un modello perfetto da seguire nonché persona da stimare in quanto rispettatissimo ufficiale di polizia
Essendo un ragazzo molto sicuro dei mezzi e dalla infinita voglia di mostrare la sua superiorità decide di usare il quaderno per mostrare a tutti come creare un mondo migliore.
La sua decisione ha però uno scopo molto più profondo e infimo, e lo rivela lui stesso nell’episodio 4, “Inseguimento“:
“Ascolta Ryuk: io costruirò un mondo ideale totalmente privo di criminali … dopo di che intendo dominarlo a lungo come un dio.”
Light Yagami
La mia conclusione è che Light come tanti altri uomini cede alla sete di potere diventando così carnefice e non tanto diverso dalle sue vittime.
I numerosi riferimenti cristiani
La croce : Presente nel logo e nelle copertine dei volumi del manga
La mela : Frutto del peccato per eccellenza, nel manga è il frutto preferito da Ryuk che in quanto dio del morte allunga la propria esistenza sommando gli anni che restavano da vivere alle vittime del quaderno. Inoltre Light che appare con la mela in mano sia nella sigla che nelle scene in cui ciba lo shinigami, rappresenta metaforicamente Adamo che secondo la famosa storia voleva elevarsi al livello di Dio fino a credere di averne la stessa consapevolezza di bene e male per poi finire rovinosamente. (Questa teoria però fu smentita dall’autore del manga)
La scena in cui Elle asciuga i piedi a Light, poco prima di essere ucciso,sembra essere un chiaro riferimento alla lavanda dei piedi di Gesù agli apostoli, in particolare a Giudain qualità di traditore, il giorno prima della morte.
Ciò che ha reso perfetto Death Note è la sua semplicità nel raccontare una storia che racchiude concetti complessi, oltre a descrivere e rappresentare con estrema precisione ogni dettaglio e sfumatura dei personaggi. Oltre al carismatico protagonista e il suo shinigami infatti, anche gli altri personaggi sono ben raccontati come ad esempio il particolarissimo Elle, Watari, Soichiro Yagami uomo all’antica e dal forte senso morale, Naomi Misora e la bellissima Misa (che ricorda molto per ingenuità e caratteristiche fisiche l’amatissima super criminale Harley Quinn).
Perché è amatissimo in Italia
In Italia tra l’altro è particolarmente amato grazie ad un doppiaggio di ottima fattura della serie animata (di 37 episodi) trasmessa per la prima volta su MTv nel 2008 e ora disponibile sulla piattaforma Netflix.
Nel cast italiano infatti possiamo ritrovare Flavio Aquilone (Light Yagami) e Alessandro Rossi (Ryuk) che vantano un curriculum notevole grazie ad aver prestato la loro voce ad attori famosi nel mondo quali Tom Felton (Harry Potter su tutti),Zac Efron(ricorderemo High School Musical),Ezra Miller(Royal Plains,Suicide Squad) e tanti altri (per Flavio Aquilone), e Liam Neeson(Taken ad esempio), Arnold Schwarzenegger (Tra cui ‘Atto di Forza’), Samuel L. Jackson , il carismatico personaggio di Batou (Ghost in the Shell) e tantissimi altri (per Alessandro Rossi).
Conclusioni
Che dire, Death Note è un prodotto che va visto indipendentemente dal gusto personale. Una storia che abbraccia concetti sempre attuali,che invita a riflettere e che trascina lo spettatore in un vortice di pensieri ed emozioni contrastanti che spingono al limite anche l’integrità delle persone più insospettabili.
Tutt’oggi aspettiamo ancora una serie animata degna del suo livello.
La differenze tra me e te sta semplicemente negli occhi