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The Haunting of Bly Manor
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Titolo originale The Haunting of Bly Manor
Paese Stati Uniti d’America
Anno 2018 – in produzione
Formatoserie TV
Genere drammatico,fantastico,orrore
Stagioni2 (di 2)
Episodi9 (42 – 71 min)
Lingua originale inglese
Rapporto 16 : 9
Ideatore e Regia Mike Flanagan
SoggettoIl giro di vite di Shirley Jackson

“ Non possiamo contare sul passato. Pensiamo di essere rimasti intrappolati nei nostri ricordi, ma i ricordi svaniscono. Potremmo svanire in qualsiasi momento.” ~ Owen

The Haunting Of Bly Manor 

creata e diretta da Mike Flanagan è la seconda stagione della serie antologia “The Haunting” tratta da romanzo “Il giro di vite” di Henry James. (qui in vendita su Amazon)

Il regista come per la prima stagione, sceglie di trarre solo spunto dal romanzo.

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Copertina del romanzo
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Un frame della sigla

Piccola premessa

Se credete di vedere una stagione simile alla prima ( Hill House, qui la nostra recensione) , allora devo spegnere il vostro entusiasmo. Inoltre per commentare questa serie dovrò fare alcuni spoiler (che nasconderò con il solito bottone 😉).

In ogni caso io vi invito a vedere questa stagione , e ad avere molta pazienza nel seguire la storia scandita dal ritmo che la caratterizza, ma posso garantire che il gioco varrà la candela.

Una lunga storia di fantasmi …

The Haunting of Bly Manor è la storia di fantasmi avvenuta nella tenuta di Bly in una campagna dell’Essex, narrata da una donna (Carla Gugino) durante una cena di prova di matrimonio. Danielle (Victoria Pedretti) è una giovane insegnante che dall’America si trasferisce in Inghilterra. La donna viene assunta dal lord Henry Wingrave (Henry Thomas) come istitutrice dei suoi due nipoti rimasti orfani Miles (Benjamin Evan Ainsworth) e Flora (Amelia Bea Smith) di cui Egli è tutore legale dopo la morte dei loro genitori.

Henry è un uomo ricco, ma solo e tormentato che non vuole avere nulla a che fare con Bly e i suoi nipoti. Per occuparsi dei bambini però, Dani può fare affidamento sul personale già presente, ovvero la giardiniera Jamie(Amelia Eve), il cuoco Owen (Rahul Kohli) e la governante Hanna (T’Nia Miller) . Oltre al difficile compito di dover ricostruire la felicità degli orfani e ambigui bambini , Dani dovrà anche affrontare il suo passato che dall’America porta con se e si “riflette” in ogni superficie. Ben presto l’istitutrice verrà a conoscenza che è lì per ricoprire il ruolo di Rebecca (Tahirah Sharif) morta suicida nel laghetto vicino la tenuta in preda alla disperazione per la fine della sua storia d’amore con l’assistente di Henry , Peter (Oliver Jackson-Cohen) .

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“ Devi promettermi che rimarrai nella tua stanza. Non lasciare la tua stanza di notte.”

Ancora una volta la serie antologica di Flanagan ci racconta le vicende muovendosi tra le linee temporali di passato e presente dedicando interi episodi per svelare allo spettatori ciò che nel presente è ignoto fino a quel preciso istante. In Bly Manor questa scelta si rivela complicata , ma azzeccata ed anche un escamotage per evitare episodi filler che spesso risultano noiosi durante la visione di una serie TV. Il livello di Regia si conferma di ottima fattura grazie anche ad una buonissima interpretazione di tutto il cast, dove è impossibile non sottolineare la straordinaria performance degli attori di Flora e Miles. Il montaggio riesce a portare a casa il suo compito regalando un’ottima fotografia con luci e giochi d’ombre che caratterizzano le atmosfere della tenuta di Bly.

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Si può notare nell’ombra a sinistra il fantasma del dottore della peste.
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Il fantasma del dottore della peste.
La sceneggiatura

I dialoghi sono davvero intensi , riescono a trasmettere le sensazioni,le emozioni e gli stati d’animo che i personaggi vivono, rendendo lo spettatore partecipe degli eventi e sentendosi coinvolto man mano sempre più.

Il passato è l’elemento più fragile: sbiadisce sempre. E il più stabile: non cambia mai.

(Alessandra Paganardi)

Il passato è un elemento fondamentale in questa storia e insieme all’amore e ai ricordi sono l’origine di Bly Manor. – Pensiamo di essere rimasti intrappolati nei nostri ricordi, ma i ricordi svaniscono – Owen ci anticipa con questa frase ciò che ci sta per essere rivelato nel cuore della stagione, quando con gli episodi finali ci mostra le origini del fantasma della donna del lago.

Passato,amore e ricordi – Flanagan riesce a mettere in piedi con questa sceneggiatura un horror mai visto prima che definisce un genere nuovo lontano dagli horror a cui siamo abituati dove il sangue, la violenza brutale e il trash fanno spazio ad una storia costituita dalla paura,i timori e i traumi che “danno la mano” ai personaggi lungo il cammino della loro vita.

Nonostante ci siano dialoghi ben strutturati , la trama “subisce” un po’ il ritmo dove rallenta in maniera esagerata forse per permettere di raggiungere un minutaggio da serie TV senza dover inserire ulteriori elementi. Resta inoltre un vero peccato non aver sfruttato alcune sotto trame che vengono inspiegabilmente risolte ( forse) proprio nel momento in cui lo spettatore viene invece “catturato” da un possibile sviluppo (ne facciamo degli esempi nello spoiler in basso).

I costumi sono il pezzo forte del comparto tecnico della serie, che hanno il loro exploit negli episodi ambientati nel passato.

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Commento finale

Nonostante Il finale ci lascia una bellissima morale sulla vita , le persone e gli affetti,evince una serie di interrogativi e lacune che è impossibile non notare.

The Haunting Of Bly Manor nonostante gli interrogativi e le lacune analizzate resta comunque un validissimo prodotto che non ha il timore di mostrarsi in tutta la sua originalità dando l’idea allo spettatore di guardare un horror nostalgico ,ma moderno.

IL NOSTRO VOTO - The Haunting of Bly Manor 19
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Sto pensando di finirla qui
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Titolo originale Sto pensando di finirla qui
Paese Stati Uniti d’America
Anno 2020
Durata134 min
Genere thriller,drammatico,grottesco
Lingua originale inglese
Rapporto 1,37:1
Regia Charlie Kaufman
Soggettodal romanzo di Iain Reid
SceneggiaturaCharlie Kaufman
ProduttoreAnthony Bregman, Charlie Kaufman, Robert Salerno, Stefanie Azpiazu
Produttore esecutivoGregory Zuk, Peter Cron
Casa di produzioneLikely Story, Projective Testing Service
DistribuzioneNetflix
FotografiaŁukasz Żal
MusicaJay Wadley

“Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.”
~ DANIEL GOLEMAN

Piccola premessa

Se credete che questo sia un film horror o un film da guardare senza impegno, allora guardate altro. Sto pensando di finirla qui non è solamente molto impegnativo, ma un viaggio onirico dal ritmo per gran parte lento.

Inoltre per commentarlo dovrò fare alcuni spoiler (che nasconderò con il solito bottone 😉), in ogni caso vi consiglio di guardare il film e magari tornare su questa recensione per leggere le mie considerazioni e magari discutendone insieme commentando in basso.

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“Mi sembra di conoscere Jake da più tempo di quanto in realtà non sia …”

Sto pensando di finirla qui, è un film del 2020 scritto e diretto da Charlie Kaufman. Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Iain Reid distribuito da Netflix.

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Il romanzo di Iain Reid [Fonte:Web]

Una veloce introduzione

Il film è incentrato sui pensieri dubbiosi di una donna (Jessie Buckley) – la quale sembra essere conosciuta con nomi diversi – la quale riflette sulla voglia di mettere fine alla storia con il fidanzato Jake (Jesse Plemons) nonostante duri da poco più di un mese. La giovane donna non sa che ogni suo dubbio sarà alimentato dalla conoscenza dei suoceri, che seppur gentili faranno assumere alla vicenda contorni spiacevoli e al quanto strani. Nel frattempo in una scuola di un posto sconosciuto, un vecchio bidello vive tra le pulizie e una vita solitaria.

Un film di depistaggi …

Lo spettatore può sin da subito avvertire la tensione tangibile tra i due ragazzi, che durante il viaggio verso la fattoria dei genitori di lui, si inoltrano in discorsi intellettuali e momenti di silenzi e imbarazzi che danno spazio ai pensieri della protagonista. Quando arrivano alla fattoria, Kaufman gioca con le sensazioni dello spettatore mostrando un posto buio,solitario e unfriendly; la bufera di neve non cessa e le stalle sono sporche e poco curate. Ad accoglierli in casa ci sono Suzie (Toni Collette) e Dean(David Thewlis) ovvero i genitori di Jake e il cane che sin da subito hanno comportamenti ambigui.

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Suzie e Dean nella scena della cena
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“ Non devo andare dove ? ”

Una trama apparentemente insensata

“Sto pensando di finirla qui” è un film che più di altri divide il pubblico in due macro-fazioni : SODDISFATTI e INSODDISFATTI.

Aldilà del gusto personale e dei dati oggettivi, è un prodotto che è difficile da digerire e forse anche difficile da riguardare.

Il regista mette davvero in funziona un meccanismo psicologico che scatta inevitabilmente in ogni spettatore che più guarda e più resta disorientato dagli avvenimenti che non hanno senso , risultato confusionali e grotteschi. Il film girato in 4:3 amplifica i pensieri claustrofobici della protagonista che non riesce a mettere fine a qualcosa che non la fa stare bene.

Nella parte centrale della storia i toni,i dialoghi e le scene sono alti e deliranti dando l’impressione che tutto sia folle e che ogni attore abbia perso il senno d’improvviso e sia sfuggito alla scrittura della sceneggiatura.

Ma è in tutto questo che sta il genio … (vedi il prossimo spoiler se vuoi capire il perché)

“Gli uomini non sono prigionieri dei loro destini, ma sono solo prigionieri delle loro menti.”

~ FRANKLIN DELANO ROOSEVELT

La sceneggiatura si salva grazie all’uso del paradosso del tempo e della mente riuscendo a districare tutti gli avvenimenti e dando un senso al finale.

La fotografia è eccellente. Tutto rende l’idea , ogni oggetto è illuminato nel modo giusto, le ambientazioni suggestionano lo spettatore per prepararlo a ciò che sta per vedere, per non parlare dei colori che si mescolano nelle scene della cena che fanno anche da copertina al film.

La colonna sonora e i costumi hanno vita facile in un film cervellotico che non è molto esigente in tal senso.

Commento finale

Per chi non ha visto il film e ama le trame impegnative e i thriller psicologici deve assolutamente guardare l’opera di Kaufman.

Sto pensando di finirla qui è un viaggio onirico , che però tiene poco conto dello spettatore, anzi gioca con la sua pazienza e la sua testa rendendo il film in alcuni tratti qualcosa di snervante e da stoppare.

Tuttavia chi riesce a vederlo fino in fondo può apprezzare un film in perfetto stile David Lynch.

IL NOSTRO VOTO 2 1 - Sto pensando di finirla qui 32
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La Belva
locandina - La Belva 34

Titolo originale La Belva
Paese Italia
Anno 2020
Durata97 min
Genere azione,drammatico,thriller
Lingua originale italiano
Ideatore e Regia Ludovico Di Martino
SoggettoClaudia De Angelis, Ludovico Di Martino, Andrea Paris, Nicola Ravera Rafele

Tutti i soldati quando tornano a casa sono vecchi, uomini ripiegati su se stessi che non parlano mai delle battaglie combattute.

(Paul Auster)

La Belva

Una vita lontano dalla famiglia

La belva è un film azione,drammatico/thriller del 2020 diretto da Ludovico Di Martino e distribuito globalmente su Netflix il 27 novembre 2020 con Fabrizio Giufini nei panni del protagonista Leo,Lino Musella(Gomorra,The Young Pope) in quelli dell’ispettore di polizia Antonio Simonetti e Andrea Pennacchi in quelli del cattivo Mozart . La pellicola narra le vicende di Leonida Riva(Fabrizio Giufini), un reduce di guerra cupo e solitario, con un passato da Primo Capitano nelle Forze Speciali dell’Esercito. La vita ormai spenta e segnata dalla guerra lo tengono lontano dalla famiglia che dopo il suo ritorno a casa hanno difficoltà ad instaurare un rapporto ormai perso. Quando la figlia Teresa(Giada Gagliardi) viene rapita, Leonida ritrova la rabbia e la ferocia di un tempo per salvare la sua bambina.

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Fabrizio Gifuni in una scena del film

Il rapporto tra Leonida e la violenza

Lo spettatore sin da subito avverte la sensazione di disagio che prova il protagonista nel rapportarsi con il mondo , come se fosse rimasto intrappolato nei ricordi della guerra che non gli permettono di andare avanti e di spogliarsi dell’armatura che negli anni ha dovuto utilizzare per sopravvivere in battaglia. Infatti Leo sembra quasi felice di poter tornare all’azione per salvare la figlia , perché probabilmente la violenza è l’unica via che conosce per comunicare , per dire al mondo che esiste. La violenza è la dimensione ideale per lui, il posto in cui si sente se stesso , un posto dove può lasciarsi andare senza inibire i suoi istinti lontani dal padre di famiglia che la moglie e il primogenito vorrebbero.

Ma cosa vuole raccontarci “La Belva” ?

Il regista romano ha provato a regalare al cinema italiano il suo action movie , la risposta a The Transporter,Taken e tutti i film d’azione che (gli USA su tutti) ci hanno abituato a guardare. Di Martino prova a lasciare la sua impronta nella pellicola cercando di costruire una trama che basa la storia su un uomo che è “dipendente” dalla violenza. La violenza come la droga, o come la medicina di cui Leo è dipendente (le benzodiazepine) che gli servono per tirare avanti in una società a cui non sente di appartenere e da cui si sente abbandonato. Per la costruzione di un film “che funziona” viene inserito il tema della guerra e degli strascichi che i soldati si portano per tutta la vita per rendere il tutto tridimensionale con il personaggio di Leo che sembra uscire fuori dallo schermo con tutta la sua forza.

“ Il vero soldato mente a sé stesso quando dice di odiare la guerra. Egli ama in modo profondo la guerra. E non perché sia un uomo particolarmente malvagio, assetato di sangue, ma perché ama la vitalità che (per quanto paradossale possa sembrare) la guerra porta dentro di sé. ”

(Oriana Fallaci)

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La sceneggiatura

Nonostante tutto però Di Martino non punta altissimo “accontentandosi” di una trama lineare e ampiamente prevedibile con la solita struttura di introduzione dei personaggi,sviluppo degli avvenimenti e conclusione da “tutti felici e contenti”.

Va fatto un plauso alle sequenze degli inseguimenti e dei combattimenti che sono state costruite in maniera realistica e con il giusto tocco di adrenalina risultando di spessore e non più “piatte” come spesso accadeva in altri prodotti italiani. Non ci sono intrecci, non ci sono colpi di scena, i personaggi secondari hanno pochissimo spazio e Mozart è a malapena introdotto rendendo quest’opera un’occasione mancata.

Durante l’intero lungometraggio il protagonista dice pochissime battute lasciando spazio all’espressività dei suoi occhi arrabbiati e del suo volto animalesco. Leo infatti è il cuore pulsante del film , senza lui non esisterebbe, i personaggi secondari mai come in questa pellicola sono di contorno ma non per loro demeriti(Ottima ad esempio è l’interpretazione di Lino Musella). I dialoghi in “La Belva” non sono moltissimi per dare spazio all’azione e per risaltare la violenza come unico metodo di comunicazione del protagonista che ci regala una buona performance.

Commento finale

La Belva nonostante non poche difficoltà riesce a dare al pubblico italiano un personaggio cazzuto per cui esaltarsi , ma che non riesce ancora a scalfire una concorrenza troppo forte che negli anni ha sfornato numerose pellicole del genere.

IL NOSTRO VOTO 1 - La Belva 37